Ciao Filippo, com’è nata la tua passione per la musica?
Ciao! Grazie mille per le domande. Pensando alla risposta da scrivere mi viene subito in mente il momento in cui un mio amico, verso i 14 anni, mi ha imprestato tre CD: uno dei Led Zeppelin, uno degli Eagles e la OST di The Blues Brothers. Da lì è esplosa la passione per la chitarra, che ha portato a quella per il canto, che ha portato alle prime band al liceo e infine alla scrittura dei primi brani musicali.
Com’è stato prodotto “Melbourne”?
Melbourne è nata come molte altre mie canzoni come un puzzle di tanti piccoli pezzi sparsi nel tempo, per poi essere assemblato nella sua forma finale in una piccola casa di montagna. E’ stata poi prodotta e arrangiata da e con Federico Malandrino e poi registrata al Positive Ground Music di Torino, mixata dal NoMad Studio sempre a Torino e masterizzata da Matty Harris a San Diego, in California. Tutto questo accadeva più o meno a maggio dell’anno scorso, e ora finalmente posso farla ascoltare anche a tutti voi.
Ti sei mai sentito sopraffare da un’aspettativa al punto da rinunciare a qualcosa a cui tenevi?
E’ una sensazione che provo molto spesso in realtà, anche per le piccole cose. Magari desidero fortemente che accada qualcosa e la carico di una speranza e aspettativa tale che poi quasi mi spaventa e mi porta a rinunciare o ad andare molto vicino a farlo.
Come si concretizza il processo creativo che porta alla realizzazione dei brani?
Quello che faccio quando scrivo le canzoni è assemblarle come tessere di un puzzle. Nel corso del tempo colleziono note scritte, vocali, impressioni, idee musicali da qualche parte nella “cantina” del mio cervello, poi ogni tanto riaffiorano e faccio dei collegamenti “tematici”. Infine, mi ritiro per un po’ di tempo nel mio posto del cuore in mezzo alle montagne e completo queste canzoni mettendo insieme tutte queste tessere.
“Werewolves”, “Suitcases” e “Melbourne” sono i tuoi ultimi lavori, possiamo trovare un filo conduttore in ognuno di loro?
Ultimamente ho pensato spesso alle mie canzoni come singoli mondi, piccoli universi da esplorare in cui ognuno ha le sue regole e le sue leggi. Ma forse un filo, per quanto sottile, si può trovare, ed è il tema del viaggio: sia interiore che fisico, sia metaforico che reale. Ma soprattutto quello che ci accade nelle relazioni (con noi stessi e con gli altri) che costruiamo nel corso di questo viaggio
Quali sono le influenze principali che caratterizzano la tua produzione?
Sicuramente l’influenza maggiore arriva da tutta la scuola dell’alt-folk nordamericano (Bon Iver su tutti) con i suoi suoni autunnali ed eterei, per poi incontrare un involucro elettronico fatto di piccoli suoni e beats profondi.
Se potessi scegliere un artista italiano o internazionale con cui collaborare per il prossimo singolo, chi sarebbe?
A livello italiano un’artista che mi piace molto è Emma Nolde, sarebbe molto bello poter collaborare con lei. A livello internazionale invece un’altra artista che ho iniziato a seguire da poco ma che mi ha colpito molto, Skullcrusher.