Il nome balafola in lingua malinke della Guinea, significa suonatore di balafon (strumento tradizionale simile allo xilofono).
Il nome non è collegato al testo, ma al fatto che tutto il brano sia accompagnato appunto dal balafon.
Non è un testo narrativo; nella prima strofa ci si rivolge ad un individuo sereno e consapevole che, in contatto con se stesso e con la natura – quindi respirando a pieni polmoni, rendendo sacro ogni momento della propria esistenza, e per questo senza paura – vive onestamente e con umiltà.
Nella seconda ci si rivolge invece ad un individuo spaventato; gli si chiede quale disegno (del mondo e della vita) abbia in testa e lui risponde che vive di confini e di lacrime pigre (ovvero lacrime sterili, né di dolore né di gioia, poiché ormai è difficile che gli individui abbiamo un profondo contatto con se stessi e con il mondo reale, confusi da una società basata su individualismo e consumismo), di fronte a quegli sguardi così reali, cioè gli sguardi della gente delle popolazioni impoverite, sfruttate e abusate dalla prepotenza della società che si basano sullo sfruttamento per produrre “beni” materiali sempre di più, per garantire un falso benessere, fatto di cose e non di persone.
Il video di Balafola – girato da Alessandro di Natale di Junkfish Film – è un video concettuale. Rappresenta un viaggio attraverso il “caos” in cui viviamo, ricordandoci che resta una nostra scelta, sempre e comunque, come affrontarlo.
Solo noi possiamo decidere cosa vogliamo lasciare su questa Terra al momento della nostra dipartita, che traccia del nostro passaggio lasciare alle generazioni future.
Il video ha delle parti a colori e altre in bianco e nero: le prime raffigurano il modo più positivo di affrontare la vita, ovvero respirando a pieni polmoni onorando ogni attimo della propria vita, senza paura; le seconde invece la parte più negativa, il vivere senza prendere posizioni, piangendo lacrime sterili, ormai deviati dalla società moderna.
Il titolo del disco “Hestia Koinè” in greco significa “focolare comune”. Nelle antiche poleis greche era un luogo importante, sacro: il simbolo della città e il centro della comunità, dove ogni individuo era parte della stessa collettività.Metaforicamente l’album rappresenta proprio questo concetto: un punto di aggregazione, attraverso la partecipazione di diversi cantanti, culture e background.
Questo primo album – anticipato da un EP uscito nel novembre 2018 – nasce dal desiderio di esplorare generi differenti all’interno della musica elettronica e fonderli con ritmi e suoni tipici del bacino Mediterraneo, dell’Africa e del Sud America.
Marco Colombo
13 Luglio 2020 @ 16:32
il disco è uscito per Junkfish World, etichetta di Kassie Afo’
Se fosse possibile metterlo, grazie
Marco Colomob, A&R Junkfish Group